venerdì 25 ottobre 2013

COCAINA: DIPENDENZA E RIABILITAZIONE

La cocaina produce intense sensazioni psichiche e fisiche dopo la sua assunzione. Gli effetti di benessere ed euforia sono estremamente forti e quindi dopo aver consumato la sostanza anche per breve tempo una persona può sviluppare una forte dipendenza psicologica da essa. La cocaina fumata in forma di crack è associata a una rapida assuefazione e dipendenza fin dalle prime dosi assunte. Quando una persona ha sviluppato dipendenza tende ad assumere in modo ripetitivo la sostanza e a orientare i suoi comportamenti alla ricerca e al consumo di essa. Nella condizione di dipendenza il consumatore può investire parecchio tempo, denaro ed energie nel procurarsi la sostanza e può mettere in atto comportamenti antisociali o comunque al di fuori delle norme del suo contesto per raggiungere tale scopo. Questa condizione può determinare gravi problemi personali, di salute, sociali e relazionali alla persona senza che la situazione si modifichi per questo e spesso senza che la stessa persona riconosca di avere un problema per lungo tempo. La condizione di dipendenza si caratterizza per un consumo cronico della sostanza con sospensioni intervallate fra un periodo e l’altro determinate dal bisogno di riaversi o dalla necessità di procurarsi denaro. Nei periodi di interruzione del consumo si possono sviluppare sintomi di astinenza come ipersonnia, umore disforico, aumento dell’appetito e desiderio intenso per la sostanza. Sono comuni i disturbi psichici e fisici da intossicazione cronica e il soggetto rimane persistentemente esposto ai rischi di intossicazione acuta grave durante gli episodi di consumo. Per la Riabilitazione, è necessario intraprendere una psicoterapia individuale e successivamente una terapia di gruppo; I trattamenti di gruppo vengono usati per tutto il corso della presa in carico, sia in regime di ricovero, che in trattamento ambulatoriale intensivo che nei programmi di after care. I pazienti talvolta ritengono insufficienti gli incontri di gruppo e molti chiedono anche incontri Individuali. La combinazione di entrambi i trattamenti, di gruppo ed individuale, è preferibile nel trattamento della dipendenza da cocaina rispetto al solo trattamento di gruppo. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Febbraio 2013)

UNA “MEDICINA FUNZIONALE”: CROMO-AROMA-MUSICO-TERAPIA

La Cromoterapia è una medicina antica che l’attuale civiltà occidentale ha riscoperto e che viene annoverata tra le cosiddette “medicine alternative”. In effetti antiche civiltà sfruttarono il significato dei colori e il loro effetto sui processi fisici e psichici dell’uomo in numerosi campi, da quello della medicina a quello dei riti religiosi, atti a curare il corpo e purificare l’anima. Nell’ Health Center, abbiamo abbinato i colori cromo terapici con l’Aroma Terapia e la Musicoterapia Recettiva. In questo caso diventa una “Medicina Funzionale” ; in quanto l’insieme di questi tre processi, non invasivi, offrono al soggetto la possibilità di ritrovare un equilibrio positivo. Un aspetto rilevante della Cromoterapia è l’uso dei colori che differiscono in relazione alla sintomatologia riferita dal paziente. Per esempio, il colore rosso; si associa con la circolazione sanguigna e con lo sviluppo cellulare. Scalda il corpo e stimola la produzione di sangue. Molto utile in caso di malinconia, depressione e disturbi dell’alimentazione; L'arancio ha un'azione risolvente delle funzioni organiche e mentali, mitigando le sensazioni di oppressione; Il Giallo ha un potere vivacizzante, ispirando e stimolando efficacemente le facoltà superiori e le capacità di ragionamento; Il verde e' il colore della natura, il colore delle forze equilibrate, il colore dell'evoluzione della mente e del corpo. Il verde favorisce l'armonia in quanto ha un'influenza calmante sul sistema nervoso; L’azzurro è calmante, sollecita interesse, scioglie la tensione, rende tolleranti e generosi; Il blu dona pace e tranquillità, rende più facile la comunicazione interpersonale, rilassante e invitante, ottimo per la meditazione e dona equilibrio; Il viola porta quiete di spirito, pace e amore, attenzione per gli altri e concentrazione. L’Aroma Terapia può essere considerata un ramo della fitoterapia che usa gli oli essenziali, ossia le sostanze volatili e fortemente odoranti delle piante. L'aroma terapia, ad oggi, è una cura cosiddetta "alternativa" che prevede l'uso di oli essenziali che hanno proprietà antisettiche, antitossiche, cicatrizzanti, anti parassitarie, antireumatiche. E’ in grado di combattere lo stress e di mettere in armonia il corpo con la mente. Dopo gli studi condotti sulla relazione fra i profumi ed i sensi, è stato scientificamente provato che alcuni aromi hanno la potenzialità di influenzare l'umore e di favorire il benessere interiore. Gli oli essenziali, a seconda delle loro potenzialità, esplicano il loro effetto attraverso tre diverse frequenze d'azione energetica: ALTA : agiscono a livello spirituale ed eterico, con effetto stimolante, si tratta di oli dalla profumazione intensa che agiscono con un'azione rapida; sono oli dinamici, attivi, estroversi, che grazie alla loro vibrazione alta e fresca sono utili per la concentrazione ; sono oli estremamente volatili. MEDIA: agiscono sul livello emozionale, sono oli essenziali intensi, sensuali e armonizzanti dall'aroma morbido e floreale; hanno un'azione a livello intermedio tra gli oli ad alta frequenza e quelli a bassa frequenza; sono mediamente volatili. BASSA: agiscono a livello fisico e sono oli dall'azione rilassante, stabilizzante e balsamici con aroma caldo, dai profumi delicati; risultano poco volatili e la loro azione è prolungata nel tempo. La musicoterapia recettiva consente di stabilire un contatto con una emotività intensa, corporea non ancora filtrata e trattata da una dimensione mentale. L’ascolto in musicoterapia può essere adoperato per rispondere a bisogni diversi, ed è indicato per persone che hanno bisogno di essere attivate o tranquillizzate fisicamente. La musica e i suoni sono accordati su 432 Hz e non su 440 Hz ; tutto ciò favorisce un equilibrio tra i due emisferi cerebrali. Nell’ Health Center S.R.L. Centro Biomedico Nutrizionale offriamo la possibilità di usufruire della Cromo-Aroma-Musico-Terapia. E’ indicata per tutti i soggetti, che vivono momenti di stress intenso, correlato al lavoro o eventi di vita quotidiana. Risulta efficace per gli stati ansiogeni e stati depressivi; Per donne in gravidanza e post partum; Per soggetti che affrontano una dieta; In patologie come Anoressia e Bulimia; Ideale per soggetti cardiopatici, psoriasi, etc. All’interno dell’Health Center è possibile richiedere dei pacchetti personalizzati per la Cromo-Aroma-Musico-Terapia o da abinare ad altri servizi correlati. Health Center S.R.L. Centro Biomedico e Nutrizionale augura Buon Natale e Felice Anno Nuovo. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Dicembre 2012)

lunedì 21 ottobre 2013

ABUSO SUI MINORI: IL MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO

Nelle forme di abuso sui minori, viene ridimensionato anche il concetto di “violenza”, centrale nella definizione di abuso per l’aspetto del rapporto abusante-vittima e utilizzato come caratteristica essenziale al configurarsi di un’esperienza traumatica. Ritengo, sia doveroso sottolineare, che il verificarsi di situazioni caratterizzate da violenze e percosse avviene solo nel 3% dei casi. In questo caso, ho preso in esame il “maltrattamento psicologico”; cioè una relazione emotiva caratterizzata da continue pressioni psicologiche, ricatti affettivi, indifferenza, rifiuto, denigrazioni e svalutazioni che danneggiano o inibiscono lo sviluppo di competenze cognitivo-emotive fondamentali quali l’intelligenza, l’attenzione, la percezione e la memoria. In genere, i bambini abusati presentano una sintomatologia piuttosto diversificata, in relazione al tipo di abuso. Nel maltrattamento psicologico, si verificano delle reazioni dissociative e sintomi isterici; come periodi di amnesia, sogno a occhi aperti, stati simili alla trance, attacchi isterici, disturbo da personalità multipla. I sintomi depressivi si manifestano sotto forma di bassa autostima, condotte suicidarie, automutilazioni. Nell’ abuso sessuale, si possono verificare i sintomi sopra elencati, ma anche, sintomi da angoscia; come paura, fobie, insonnia, incubi, problemi somatici ( come enuresi, encopresi, prurito vaginale o anale, anoressia, obesità, cefalea, mal di stomaco); connessi a questi sintomi si riscontrano dei disturbi del comportamento sessuale. In ambito terapeutico, è molto importante fornire al bambino un “setting adeguato” , privo di rumori esterni e soprattutto creare un’ottima alleanza terapeutica, che avrà lo scopo di esteriorizzare gli stati emotivi negativi, quali, gli stati d’ansia e i sentimenti di rabbia causati dagli abusi. Successivamente introdotto in un “setting gruppale” che avrà una funzione di controllo delle dinamiche emotive e di confronto con i membri del gruppo. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Giugno 2013)

martedì 15 ottobre 2013

LA RELAZIONE DI COPPIA: FATTORI DI CRISI

Ultimamente, sono sempre più numerose le richieste di un aiuto psicologico da parte di coppie che vivono un momento di particolare difficoltà: il problema in questo caso non è nel singolo individuo, ma una relazione sofferente, che per qualche motivo ha generato delle discrepanze all’interno della coppia. La coppia è definita da un confine immaginario che ne delimita un territorio ed uno spazio interno, condiviso, esclusivo ed escludente, grazie al quale è possibile distinguere il legame tra i due partner da tutti gli altri rapporti che entrambi intrattengono al di fuori dalla coppia. A mio avviso, sono diversi e innumerevoli i motivi di conflitto che generano crisi importanti in una coppia; uno dei motivi può essere la presenza di famiglie di origine che interferiscono eccessivamente nella vita di coppia: il rapporto di coppia si costruisce nello scambio tra i due partner che porta a nuovi modelli di relazione, frutto di una rielaborazione di quelli trasmessi nelle famiglie di origine. Un altro motivo, il più comune, è il “tradimento”; perché ogni coppia basa il proprio rapporto su alcune condizioni che vengono esplicitate chiaramente come: “guai a te se mi tradisci”, mentre altre rimangono “non dette” ma date per scontate per il buon proseguimento della storia. Un tradimento quindi può nascere non solo da un rapporto con una terza persona, ma anche dalla rottura di uno dei patti impliciti, che possono crollare quando si scopre che l’altra persona è un delinquente, un violento, un giocatore d’azzardo o semplicemente ha differenti progetti di vita. Altri motivi di rottura dei legami possono essere riconducibili ad eventi traumatici come: la morte di un figlio piccolo, la nascita di un figlio disabile o un tracollo finanziario. Generalmente, il rapporto di coppia termina quando si verifica il cambiamento di un solo partner; cioè quando uno dei due evolve in modo da distanziare l’altro per via di una crescita di consapevolezza, di intraprendenza o di maturità e l’altro non lo riconosce più. Molte coppie in crisi riescono a superare da sole questo momento delicato, altre invece, chiedono l’intervento di uno psicoterapeuta. Quando due partner cercano insieme un aiuto psicologico lanciano un segnale importante, che denota l’interesse da parte di entrambi di risolvere un problema nella relazione. Più frequentemente invece è uno dei due a richiedere l’intervento, mentre l’altro partner parte da una posizione che può oscillare tra lo scetticismo e l’ostilità. L’esperienza clinica mi ha portato a constatare come talvolta le crisi portino ad un miglioramento nella qualità della relazione di coppia, in termini di soddisfazione reciproca da parte dei partner. L’impressione è che il grado di benessere faticosamente raggiunto non sarebbe stato possibile senza il viaggio attraverso un periodo di crisi, che per quanto doloroso, ha permesso di uscire da un periodo di stagnazione e di insoddisfazione reciproca. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Settembre 2013)

domenica 13 ottobre 2013

PSICOTERAPIA UMANISTICA E ANALISI BIOENERGETICA...Un connubio inscindibile

La psicologia umanistica nasce negli anni Settanta, negli Stati Uniti, sotto l’influenza di quella corrente filosofica definita come fenomenologico – esistenziale e, fa convergere in sé, il contributo di autori di diversi orientamenti, sia filosofici che psicologici, che contrari ad ogni forma di riduzionismo psicologico, si fanno interpreti e porta voci della necessità di riportare al centro dell’indagine psicologica la sfera della soggettività e dell’esperienza vissuta. Tale psicologia che nasce come un movimento di pensiero all’interno del quale potevano confluire scuole ed orientamenti terapeutici diversi, intendeva reagire alle concezioni dell’uomo elaborate dalle due precedenti rivoluzioni psicologiche: la psicoanalisi classica e il comportamentismo positivistico. Gli psicologi umanistici erano convinti che la concezione dell’uomo proposta da queste due correnti di pensiero fosse frammentaria e riduzionista e non fornisse una spiegazione convincente della realtà umana. Il comportamentismo riduceva l’uomo ad una macchina animata unicamente da meccanismi stimolo-risposta rispetto alle sollecitazioni ambientali, collocandolo in una dimensione astorica e precostituita (il setting sperimentale), trascurandone la dimensione soggettiva ed interiore a favore di una sterile oggettività. La psicoanalisi freudiana, invece, forniva una impostazione biologica dell’uomo, dominato da forze pulsionali inconsce, talora distruttive, che lo plasmano. Un uomo schiacciato dalla propria infanzia, condizionato da una natura che andava incontro inevitabilmente al conflitto con le norme sociali e destinato a sperimentare intoppi nel suo sviluppo. In entrambe le scuole di pensiero, quindi, venivano trascurati gli elementi fondamentali di una personalità sana e consapevole: l’intenzionalità, la creatività, il libero arbitrio. Gli psicologici umanisti, invece, per primi proposero una visione dell’essere umano come “persona globale”, e “unica” nella sua singolarità. Si tratta una visione sia olistica dell’uomo, in quanto attribuisce pari valori alle componenti biologiche, psicologiche e sociali, che ottimistica, in quanto, ne sottolinea le potenzialità positive: non siamo solo de terministicamente condizionati dalla nostra storia, ma piuttosto, sono le nostre motivazioni e le nostre risorse a determinare cosa facciamo della nostra vita. La psicologia umanistica sposta il focus dell’attenzione dall’uomo malato all’uomo sano con un significativo ribaltamento nella concezione di “salute “ e di “malattia”. Questi elementi, considerati nel “qui ed ora” dell’esperienza dell’ individuo, rendono la Psicologia Umanistica una vera e propria Psicologia della Salute, intesa come sviluppo e accrescimento delle potenzialità della persona. Cambia, ovviamente, anche la modalità di approccio alla problematica umana, sia in termini di metodi che di obiettivi della ricerca psicologica. Non si ricercano più i “perché” di un fenomeno ma si cerca di comprenderlo nella sua interezza. L’obiettivo diventa la comprensione del soggetto nella sua totalità individuale: l’organismo è un agente attivo che entra in un complesso sistema di relazioni con il mondo, per cui non si può comprenderne un singolo comportamento se non si conosce la sua storia personale, le sue aspirazioni, se non si colgono, cioè, la sua visione del mondo e la sua “struttura esistenziale”. Si tratta di una psicoterapia in cui la funzione del terapeuta è quella di creare un’ atmosfera di empatia e di accettazione comprensiva, dove trova spazio non tanto un’interpretazione ma una chiarificazione in cui si lascia lavorare il “paziente” nel suo percorso di rivalutazione ed espressione di sé . Lo psicoterapeuta riconosce, così, nel paziente non solo un essere umano al quale rapportarsi con rispetto ed empatia, ma anche una persona che può essere per se stessa lo strumento migliore di esperienza e di crescita. Lo psicoterapeuta, quindi, non è più l’“esperto” che svela all’individuo in difficoltà i perché a lui sconosciuti della propria sofferenza (come nella psicoanalisi), o che lo addestra a pensare in modo più efficace e ad emettere comportamenti più adeguati (come nell’approccio cognitivo - comportamentista): è, invece, un facilitatore, che, riconoscendo e valorizzando l’unicità dell’esperienza umana, affianca la persona nel processo di evoluzione, promuovendo in essa un processo autonomo di analisi e risoluzione del problema. Nella mia formazione presso l’Istituto di Psicoterapia Psicoumanitas di Roma ho avuto modo di conoscere e imparare delle tecniche corporee che utilizzo con i miei pazienti e con cui ho ottenuto ottimi risultati; per spiegare cos’è l’Analisi Bioenergetica sento il bisogno di esternare due frasi dei miei docenti che rimarranno per sempre scolpite nella mia anima e nella mia mente: “Le parole sono spesso scuse per non sentire” Dott. Antonio Lo iacono; “Il corpo è il teatro delle emozioni”Dott.ssa Rossella Sonnino Partendo dall’assunto che la persona umana può e deve essere studiata nella sua interezza, il corpo ha cominciato ad essere protagonista in psicoterapia grazie proprio alla psicologia umanistica che al suo interno ha visto confluire la Bioenergetica di Lowen, la quale si fonda sull’importante contributo di W. Reich. A lui si riconosce il merito di aver ampliato ed esteso la tecnica analitica per includervi tutto ciò che ha a che fare con l’espressione e le attività fisiche del paziente. L’Analisi Bioenergetica cerca di comprendere la persona nella sua corporeità attraverso l’espressione corporea e i processi energetici connessi. Questi processi, cioè, la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia nel movimento, rappresentano le funzioni basilari della vita. È una forma di terapia che associa il lavoro sul corpo con quella sulla mente. Una tesi fondamentale della bioenergetica è che mente e corpo si influenzano a vicenda: quello che succede nella mente si riflette sul corpo e viceversa. Noi “non abbiamo un corpo” ma “siamo il nostro corpo”, espressione della nostra vitalità, del nostro passato, del nostro presente e delle nostra esperienza personale e interpersonale, delle nostre consapevolezze, dei nostri processi inconsci, dei nostri moti, e delle nostre emozioni. A differenza della maggior parte dei metodi precedenti che, avevano focalizzato l’attenzione sulla mente, la bioenergetica cerca di capire la personalità umana dal punto di vista del corpo. L’analisi bioenergetica si avvale, pertanto, di tecniche specifiche e sistematiche nel processo psicoterapeutico e che intervengono tanto sul piano verbale quanto su quello corporeo, cercando di rafforzare il contatto con la terra/realtà del corpo (grounding), intensificando la vibrazione naturale del corpo e approfondendo la respirazione, sviluppando una coscienza psicologica, ampliando le possibilità espressive di movimento e di fluidità comunicativa. In definitiva l’analisi bioenergetica è una tecnica che pone le sue fondamenta proprio sull’importanza d’entrare in contatto con se stessi, con il proprio vissuto corporeo e con le sue sensazioni ed emozioni. Nell’Health Center S.R.L., utilizziamo questo tipo di approccio terapeutico; il soggetto all’interno della struttura trova un ambiente accogliente e confortevole, con un personale medico e paramedico altamente qualificato. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Novembre 2012)

LA DEPRESSIONE: NEL BAMBINO E NELL'ADULTO

Il disturbo depressivo nel bambino, più che percepito, viene agito ed espresso attraverso la "mimica" del volto, attraverso gesti e comportamenti; nello stile motorio, o con disturbi somatici, o della sfera scolastica e sociale. I sintomi espressi dal bambino piccolo (18-36 mesi) sono soprattutto sintomi somatici con anoressia, disturbo del sonno, episodi diarroici ed eczema; in situazioni di gravità si riscontra un ritardo di sviluppo psicomotorio ed un’incapacità di rispondere alle interazioni sociali. In età prescolare sono più comuni le forme caratterizzate da sintomi ansiosi associati a labilità nel tono dell’umore o le forme di inibizione con pseudoinsufficienza mentale; i bambini non manifestano in genere sentimenti di tristezza in modo esplicito ma mostrano comportamenti caratterizzati da mancanza di allegria, instabilità, irritabilità, o disturbi somatici. In età scolare (6-11 anni) i bambini riescono in parte a verbalizzare il proprio stato d’animo, che emerge in giochi, sogni, disegni (fantasie di morte, bassa autostima, sentimenti di perdita e di abbandono, sensi di colpa, sentimenti di non essere amato o di essere rifiutato dagli altri). Ancora controversa è la valutazione sulla possibile continuità tra la depressione del bambino e quella dell’adulto, infatti non è sicura la continuità (non tutti i bambini depressi diverranno adulti depressi), mentre è verificato che la maggior parte degli adulti che soffrono di depressione ricordano e descrivono sintomi depressivi anche nell’infanzia o in età adolescenziale. La depressione nell’adulto può essere classificata attraverso tre livelli: “lieve”; nasconde facilmente a se stesso/a e agli altri la sua condizione psicologica e si affievolisce il desiderio di compiere delle azioni. Nella depressione “media” ; il soggetto ha una scarsa autostima, trascura il suo aspetto e presenta difficoltà nelle relazioni interpersonali. Infine, nella depressione “grave”; la persona non è più in grado di occuparsi di se stessa e trascorre tutto il giorno a letto. L’alimentazione e il sonno sono gravemente disturbati. La depressione può essere curata attraverso la psicoterapia, e in alcuni casi associata ad un trattamento farmacologico adeguato. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Marzo 2013)

UN GIOCO DELLA MENTE: "L'IPOCONDRIA"

L’ipocondria è presente in molti disturbi psichiatrici ed è caratterizzata dalla convinzione di essere ammalati senza, però, avere giustificabili basi di realtà. Le preoccupazioni relative al proprio corpo possono essere presenti in modo diverso: si va da timori che si manifestano in certe condizioni o momenti della vita, ad esempio di fronte alla notizia della malattia di un coetaneo, fino a timori più strutturati in soggetti con Disturbi di Personalità più o meno gravi. Nel quadro clinico, gli ipocondriaci lamentano di solito sintomi che coinvolgono molti organi, più comunemente gli apparati gastrointestinale e cardiovascolare, e sono prevalentemente costituiti dalla presenza di dolore. Sono spesso convinti di soffrire di una grave malattia che non è ancora stata individuata e non si lasciano facilmente convincere del contrario. La convinzione, anzi, resiste anche di fronte all’esito negativo degli esami effettuati, il decorso benigno dei disturbi e le rassicurazioni del medico. Reazioni ipocondriache transitorie possono manifestarsi a seguito di gravi stress, più comunemente dopo la morte o una grave malattia di una persona importante. In tali casi dura di solito meno di sei mesi. L’ipocondriaco tende ad interpretare banali alterazioni, quali ad esempio una cefalea da tensione, un’extrasistole o un’infezione respiratoria virale, come prove della presenza di una grave malattia. Accade di frequente che i timori si concentrino su un solo organo, il cui funzionamento diventa fonte di estrema preoccupazione. Il convincimento non è solitamente di grado delirante, cioè resistente a qualunque tipo di valutazione critica ed il paziente è capace, in certi momenti, di ammettere la possibilità di non avere nessuna grave malattia. Ansia, depressione e tratti ossessivi della personalità sono comunemente associati all’Ipocondria. Interrogati circa il loro stato di salute, gli ipocondriaci spesso danno risposte-fiume, esprimendo delusione per le cure ricevute e sottolineandone l’inadeguatezza. Il disturbo di solito esordisce nell’adolescenza, ma può non rendersi manifesto fino alla quarta decade nel maschio e alla quinta nella femmina. Ha andamento cronico, caratterizzato da variazioni d’intensità, per cui risulta fluttuante anche il grado di alterazione del funzionamento sociale e lavorativo. Nei casi più gravi il paziente può arrivare ad adottare uno stile di vita da invalido. La tendenza a consultare simultaneamente medici diversi comporta il rischio di procedure mediche o chirurgiche non necessarie. Nella Terapia, gli ipocondriaci tendono ad evitare il trattamento psichiatrico, intrapreso solo dai più motivati e più dotati di capacità introspettiva. E’ importante intraprendere una Psicoterapia Individuale e successivamente una Psicoterapia di Gruppo, in quanto, è in grado di fornire il supporto sociale e le interazioni di cui necessitano. I controlli medici periodici sono utili allo scopo di rassicurare i pazienti sul fatto di non essere trascurati e che i loro disturbi sono presi sul serio. Dal momento che gli ipocondriaci si rivolgono di solito al medico generico, è questi che ha le migliori opportunità di aiutarli. Ma per farlo deve inviare il proprio paziente presso uno Psicoterapeuta. Una buona “Alleanza Terapeutica” con lo Psicologo/Psicoterapeuta riduce l’ansia del paziente, riduce la paura delle malattie e migliora il funzionamento sociale e lavorativo. Ottimi risultati possono essere ottenuti con tecniche di rilassamento corporeo e con interventi psicoterapeutici a breve termine fondati sulla rassicurazione e sulla chiarificazione del significato dei sintomi. La somministrazione dei farmaci deve essere “cauta” e limitata a brevi periodi, in un contesto che non alimenti “ricerca di terapie miracolose inesistenti”. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Gennaio 2013)

CRESCERE O NON CRESCERE: LA SINDROME DI PETER PAN

Durante le sedute di psicoterapia emergono diversi elementi che fanno riflettere sul rifiuto di alcuni pazienti di diventare grandi, di assumersi le responsabilità della vita adulta, preferiscono il gioco fine a se stesso, non hanno prospettive di crescita. Sono questi gli individui affetti dalla cosiddetta “Sindrome di Peter Pan”, espressione entrata nell’uso comune dopo la pubblicazione, nel 1983, del libro The Peter Pan Synndrome: Men Who Have Never Grown Up, di Dan Kiley. In realtà già Sigmund Freud, analizzando i pensieri e i comportamenti di alcuni suoi pazienti, si era reso conto che alcuni adulti, davanti alle difficoltà della vita o in fuga da una realtà dolorosa, si rifugiano spesso in una sorta di regressione ai giorni spensierati e felici della fanciullezza, quando non ci sono pensieri né preoccupazioni, uno stadio in cui gli esseri umani non sono ancora repressi da famiglia ed educazione. A mio avviso, a non crescere si inizia da piccoli; educare all’autonomia è compito dei genitori, oltre che della scuola, ma ultimamente sono tantissimi i papà e le mamme che fanno fatica a trovare una dimensione educativa. E’ Fondamentale che, durante la fase edipica, cioè dai tre ai sei anni, si inizi quel processo di separazione dalla relazione simbiotica con la madre che, tra l’altro, consente di limitare il naturale narcisismo infantile e la tentazione di onnipotenza del bambino, favorendone una positiva evoluzione della personalità e della capacità di relazionarsi con gli altri. Per un corretto sviluppo socio-educativo è importante che la mente elabori, a partire dal quarto anno di vita, le differenze tra adulto e bambino e quelle tra maschio e femmina. Così come è fondamentale che si elaborino i limiti imposti dalla realtà. Tappe che riguardano la riorganizzazione interiore e che se vengono a mancare possono provocare parecchia confusione. Il problema è che oggi molti genitori sono spaesati per quanto riguarda il ruolo genitoriale. Troppo protettivi o troppo distratti, spesso mancano di coerenza. A volte, temendo di perdere l’amore dei figli, entrano in crisi quando si trovano nella necessità di gestire gli inevitabili conflitti. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Maggio 2013)

sabato 12 ottobre 2013

LA MANCANZA DI AUTOSTIMA

Attraverso la mia esperienza, con diversi pazienti, ho potuto constatare che spesso ruotano attorno a due poli: mancanza di autostima, fiducia in se stessi e senso di incapacità. Per esempio: C’è chi non ha il coraggio di difendere la propria opinione se incontra altre persone sicure di sé. Diversi si credono dei buoni a nulla. Pensano che gli altri sappiano sempre fare di meglio. Soprattutto mamme, i cui figli sono da poco usciti di casa, si accorgono all’improvviso di come la loro fiducia in se stesse, così faticosamente costruita, crolli. Esse hanno trovato appagamento nella vita dei propri figli e ora che si devono confrontare con se stesse hanno la sensazione di non valere più nulla. Ci sono giovani che nutrono grossi dubbi sul loro valore; essi soffrono del fatto di non essere considerati, di avere delle inibizioni, di non essere come vorrebbero. Si infuriano se arrossiscono quando si affronta un discorso che li mette a disagio. Soprattutto temono di non risultare piacevoli. O ripetono spesso: “Che vergogna!”. Giovani uomini si sentono inibiti in presenza delle donne, perché non sono sicuri di essere da loro accettati: se vedono altri in compagnia di una ragazza provano un senso di inferiorità, perché sono ancora soli e perché nessuna ragazza li avvicina. Ci sono ragazze che hanno paura di non essere considerate dagli uomini, di essere derise da loro, perché non si avvicinano al loro ideale di bellezza: investono perciò le proprie energie per apparire così come pensano che gli uomini le desiderino. Nella costruzione di una buona stima di Sé, determinante è l’esperienza della fiducia originaria che il bambino piccolo fa con la mamma. Se la mamma irradia fiducia, allora anche nel bambino nascerà un forte senso di fiducia, ma se la mamma è insicura, se ha paura di commettere qualche errore nell’educazione del figlio, allora anche il bambino diventerà insicuro. Infatti, il bambino percepisce non solo ciò che la mamma fa, ma anche il modo in cui lo fa: percepisce se lei sta bene o male, se si sente sicura o insicura, se lo accudisce volentieri o contro voglia, se c’è premura o aggressività,o ansia; infine, se l’accettazione è incondizionata o condizionata. È in base a tutte queste percezioni che nel bambino si sviluppa sicurezza o insicurezza, il senso di una propria autostima. In pratica, la fiducia originaria è la sensazione di potersi fidare dei propri genitori, ma anche di se stessi(e, per estensione, degli altri). Tuttavia, indipendentemente da come è trascorsa la nostra infanzia ognuno di noi ha il compito di sviluppare una sana autostima, anche se le premesse dalle quali partiamo per affrontare questo compito sono evidentemente diverse. Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta (Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia- Aprile 2013)