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domenica 13 ottobre 2013
CRESCERE O NON CRESCERE: LA SINDROME DI PETER PAN
Durante le sedute di psicoterapia emergono diversi elementi che fanno riflettere sul rifiuto di alcuni pazienti di diventare grandi, di assumersi le responsabilità della vita adulta, preferiscono il gioco fine a se stesso, non hanno prospettive di crescita. Sono questi gli individui affetti dalla cosiddetta “Sindrome di Peter Pan”, espressione entrata nell’uso comune dopo la pubblicazione, nel 1983, del libro The Peter Pan Synndrome: Men Who Have Never Grown Up, di Dan Kiley. In realtà già Sigmund Freud, analizzando i pensieri e i comportamenti di alcuni suoi pazienti, si era reso conto che alcuni adulti, davanti alle difficoltà della vita o in fuga da una realtà dolorosa, si rifugiano spesso in una sorta di regressione ai giorni spensierati e felici della fanciullezza, quando non ci sono pensieri né preoccupazioni, uno stadio in cui gli esseri umani non sono ancora repressi da famiglia ed educazione. A mio avviso, a non crescere si inizia da piccoli; educare all’autonomia è compito dei genitori, oltre che della scuola, ma ultimamente sono tantissimi i papà e le mamme che fanno fatica a trovare una dimensione educativa. E’ Fondamentale che, durante la fase edipica, cioè dai tre ai sei anni, si inizi quel processo di separazione dalla relazione simbiotica con la madre che, tra l’altro, consente di limitare il naturale narcisismo infantile e la tentazione di onnipotenza del bambino, favorendone una positiva evoluzione della personalità e della capacità di relazionarsi con gli altri. Per un corretto sviluppo socio-educativo è importante che la mente elabori, a partire dal quarto anno di vita, le differenze tra adulto e bambino e quelle tra maschio e femmina. Così come è fondamentale che si elaborino i limiti imposti dalla realtà. Tappe che riguardano la riorganizzazione interiore e che se vengono a mancare possono provocare parecchia confusione. Il problema è che oggi molti genitori sono spaesati per quanto riguarda il ruolo genitoriale. Troppo protettivi o troppo distratti, spesso mancano di coerenza. A volte, temendo di perdere l’amore dei figli, entrano in crisi quando si trovano nella necessità di gestire gli inevitabili conflitti.
Di Cristian Chiappetta Psicologo-Psicoterapeuta
(Estratto da People Life Magazine di Cosenza e Provincia-Maggio 2013)
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